Togliamoci subito il dente: Vatican Girl, la docu-serie di Netflix dedicata al rapimento di Emanuela Orlandi, vale la visione. Senza tanti se e ma.
Si può, e si deve, ragionare sull’opportunità di tornare sulla faccenda dopo quarant’anni dai fatti. Si può discutere sulla qualità intrinseca del progetto, che ha tutti i crismi delle produzioni Netflix. E si può, forse, sperare nell’ennesima svolta nelle indagini.
Ma perché tornare su questi fatti?
Forse perché, fra tutti quelli occorsi negli ultimi tempi, questo è il mistero italiano più misterioso, quello le cui piste si scaldano e si raffreddano con il venticello della calunnia, della diceria e del “sentito dire”.
Quando sparì Emanuela Orlandi avevo una decina d’anni ma quell’estate non si fece che parlare di questa vicenda: che fine avrà fatto, come mai, perché… Ma era poi anche il periodo in cui le faccende di soldi o altro si risolvevano così. Si rapiva qualcuno, si chiedeva un riscatto, il qualcuno tornava a casa più o meno intero.
Off the record.
Io dormivo barricato in casa per paura che qualcuno mi rapisse, anche se non c’era ragione che succedesse. Infatti nessuno mi ha mai esfiltrato da casa per chiedere qualcosa ai miei.
Back to the record.
Detto ciò: il documentario The Vatican Girl in forma di miniserie è molto ben costruito, ha tutte le cose al posto giusto e si porta con sé l’attenzione di chi guarda creando una traccia di bricioline di pane. E ogni tanto fa pure fare un giro per sentieri traversi o per cul-de-sac.
Molto bene la digressione sul Banco Ambrosiano e la morte di Calvi. Un po’ meno bene ma necessaria quella dedicata al sedicente “Americano”, come l’ingresso in campo di Mirella Gregori, altro rapimento di non piccolo cabotaggio, visto che neppure lei si è più rifatta viva.
Forse l’unica cosa è il reiterare certi passaggi, che evidentemente piacciono molto al montatore, ma alla terza apparizione degli orologi e delle sveglie, o della porta di casa che si chiude uno dice: si vabbè dai, andiamo avanti?
Le varie interviste sono ben riprese e danno il giusto senso al tutto, peccato l’assenza dell’unica voce che potrebbe dare la Risposta. Ma anche il silenzio, a volte e in questo caso di più, vale come mille parole.
In questo video la mia partecipazione alla diretta Twitch dedicata alla docu-serie sul canale Carcassa Live