Come realizzare il montaggio di un video industriale per i social

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L’altro giorno cercavo un video da mostrare a un cliente, fra quelli che ho realizzato nel corso degli anni. Si trovano tutti in giro per la rete: alcuni su siti, altri in canali YouTube, altri ancora in pagine e profili social: Facebook, Instagram, Linkedin… Ma ne cercavo uno in particolare, e così sono andato a colpo sicuro.

Il video è questo:

Per girarlo ho usato una telecamera Sony (Pro) e un iPhone8, per una particolare sequenza “dentro la macchina”. Ma non è per questo che volevo proprio quel video lì.

Mi serviva perché è un video costruito per raccontare il funzionamento di una macchina (dunque molto simile a quello che mi aveva chiesto il cliente) e perché ha una storia tutta sua. Oltre ad essere, senza inutili modestie, un buon video.

“Voglio un video più veloce”

Per quel cliente, nel tempo, abbiamo girato diversi video, con Rizomedia: uno su un open day, un altro (una trilogia) sul suo nuovo logo con tanto di campioni di Moto3 coinvolti per l’occasione, altri su macchine automatiche e particolari componenti del suo lavoro. I video si trovano sul suo canale YouTube.

Questo però presenta una particolarità produttiva: quando andammo dal cliente per mostrargli il primo montaggio ci disse: “Voglio un video più veloce”. Il video non era affatto lento: l’idea iniziale era di mostrare come funzioni la macchina, i movimenti, le caratteristiche. Diciamo che ogni inquadro stava nei 3″, alcuni che pensavo fossero particolarmente utili allo scopo, duravano qualche frame in più.

Alla richiesta di un video più veloce pensai: ma più veloce poi non si capisce più niente. Però, ovviamente, lo feci. Anzi, ne feci due versioni: una con inquadrature di 1″ e l’altra, quella pubblicata, di 2″. Che sono uno schiocco di dita, o quasi. Quella da 1 secondo era rapidissima ed, effettivamente, era davvero troppo veloce. O no?

Il video più veloce

Consegnato il video l’ho lasciato macerare nella memoria perché quella richiesta particolare mi aveva colpito. La mia è un’estrazione più “cinematografica” che da videoclip, ma ovviamente conosco anche quelle grammatiche e mi stuzzica l’idea che, con i social network, si sia tornati a ragionare quasi in 4:3 (tipo le vecchie tv a tubo catodico) piuttosto che in cinemascope.

Qui si parlava di dare un’impostazione nuova, veloce e agile, a un tipo di video che di solito richiede tempi dilatati, affinché chi guarda si possa rendere conto di cosa stia guardando. Non tutti, infatti, appena vedono un ingranaggio che ruota e sposta slitte o attrezzi vari, capiscono al volo cosa stia succedendo. Ad ogni modo, l’altro giorno cercavo proprio quel video.

Lo trovo e mentre lo guardo mi accorgo, con un po’ di sconcerto, che forse avrei potuto tagliare di più: un paio di frame qui, qualche frame là… Cioè: il video che mi sembrava troppo veloce un anno fa, oggi potrei addirittura proporlo con qualche secondo in meno?

Un video velocissimo

La cosa mi ha colpito, perché mentre lo rimontavo, quel video, non tanto tempo fa, quel ritmo di inquadri mi sembrava esagerato. Sentivo che le immagini, in qualche modo, scivolavano via.

E allora mi sono messo a ragionare sul cambiamento nella percezione, imposto dai video in rete. E gli arcinoti primi 3 secondi di visualizzazione di un video su un qualsiasi social network diventano un’enormità.

3 secondi sono stati il tempo di un amen, oggi diventano una stanza in cui infilare 3 inquadrature, velocissime, rapidissime, una bomba con la quale attirare l’attenzione di chi guarda.

La sfida è diventata raccontare tutto, o quasi, in quei tre secondi. Per poi prendersi il giusto tempo per ampliare il discorso, approfondire, dare valore.

Ripensare ai video per i social e al loro ritmo interno

Dunque ormai i video per i social vanno pensati in questo modo: incipit di massimo 5 secondi (meglio 3) in cui si racconta tutto (una specie di trailer innestato nel film) e sviluppo. Anche questo, possibilmente, montato con ritmi da avanguardie tedesche anni ’20 (non scherzo: questo spezzone di un film del 1927 lo dimostra).

Questo comporta, ovviamente, di realizzare inquadrature che rendano immediatamente l’idea di ciò che succede. A meno che non si stia girando un videoclip… che allora lì si può più o meno tutto.

E magari le inquadrature vanno pensate per strappi non troppo intensi. Una buona idea potrebbe essere non passare da un campo totale a un dettaglio (che sicuramente spiazza in un horror o in una scena d’azione) bensì cercare un campo medio e arrivare al dettaglio con raccordi sempre più stretti sull’asse (tipo zoom, ma con stacchi di inquadro, per capirci). Oppure rimanere su una “figura intera” (anche se di figura intera parlando di macchine…) per poi andare su dettagli in sequenza, che diano l’idea del flusso di produzione o di prodotto. Qui sotto un buon esempio, anche se non fu possibile riprendere la macchina nella sua interezza e non è montato con inquadri rapidi ma è più pensoso.

Oppure pensare a una sequenza di movimenti di macchina, fluidi e continui (sempre da sinistra a destra, o contrario), che portino da un punto a un altro in modo ragionevole, seguendo un movimento interno (un pezzo su una catena di montaggio, una persona che attraversa la scena, un attrezzo…) o una logica spaziale.

Tutto questo perché il montaggio e l’inquadro non possono prescindere l’uno dall’altro. E viceversa. Soprattutto se con il video sui social vogliamo veicolare un qualsivoglia tipo di contenuto. Altrimenti rimangono belle immagini montate in modo superveloce, come un surreale videoclip muto (perché la maggior parte degli utenti guarda i video silenziosi).

Chiusura promozionale

Poi, chiaramente. Se volete girare un video industriale per i social network e non sapete dove sbattere la testa, potete sempre darmi un colpo di telefono o mandarmi una email.

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