Il capodanno del proiezionista

la Victoria 8 di Cinemeccanica

Per dieci anni ho lavorato in un cinema. Facevo un po’ di tutto, visto che era mio. La cosa che preferivo fare, però, era proiettare i film: salire in cabina, accendere la macchina (una gloriosa Victoria 8 di Cinemeccanica), caricare le bobine, far partire il motore e accendere la luce sulla pellicola, così che lo schermo potesse prendere vita. Il primo anno che lavorai per il giornale, in veste di recensore di film, il caporedattore mi chiese un pezzo sul capodanno. Questo è quello che ne uscì fuori. Dieci lunghi anni fa.

 

Nella foto A. e io in cabina: molto più giovani ma sempre elegantissimi

Se c’è una ricorrenza che non ho mai capito è il capodanno e la ragione, in soldoni è questa: perché festeggiare un anno che non conosciamo per bruciarne uno che invece, in qualche modo, ci ha voluto bene per trecentosessantacinque giorni?

Ad ogni modo: ho sempre cercato di trovare un lavoro che mi impegnasse l’ultima sera dell’anno e che mi impedisse di essere circondato da gente felicissima, elegantissima e ubriachissima, che improvvisamente si fa prendere dall’entusiasmo e parte con il trenino sulle note di pereperepeppè; poi botti da orbi, incendi, stoviglie che volano dalle finestre, automobili nel fosso e le vecchie che bruciano in piazza e la gente che attraversa la strada cercando di evitare le lavatrici che calano dal cielo.

Io faccio il proiezionista in un cinema.

Chiuso nel mio stanzino bianco e rumoroso monto le bobine piene di pellicola sul proiettore e faccio partire il film, illumino la sala di colori e storie, mi approprio della fantasia degli spettatori per un paio d’ore.

Il mio capodanno oggi è cominciato alle 18.00, ora del cambio: arrivo io e parte A., che deve andare a V. per incontrare G., oppure no: ancora non lo sa, perché G. è a una festa in collina ad un’ora da V.; ci sarà andato? si saranno visti? a questo punto non mi interessa, lo scoprirò domani… cioè oggi… io gliel’ho detto: se non ci vai ti meno, anche perché come si sa “chi non lo fa a capodanno non lo fa tutto l’anno”, e tutte quelle cose lì.

Alle 18 e 26 stappiamo lo champagnino pinotdipinot che ci han portato perché abbiamo trovato un cellulare un sala e festeggiamo… tanto da qualche parte nel mondo, alle 18 e 26 sarà stato capodanno, no?

Anche noi ci facciamo il nostro bel perèperèpeppè, le due cassiere si lasciano andare ad uno yuuuu che sveglierebbe uno zombie e spariamo il tappo contro il soffione del riscaldamento, invece che farlo uscire in strada (come era nelle intenzioni).

Salgo in cabina, mi sistemo, mi guardo attorno: sarà che ci passo una vita, qui dentro, ma non mi è mai sembrato così uguale a se stesso, questo posto.

Scendo all’ingresso, faccio due chiacchiere con la Bionda, e poi torno su, perché c’è da cambiare il film: alle sette parte il terzo spettacolo.

Alle 19 e 15 vado al bar a mangiare il mio cenone: tre tramezzini e una birretta; mi offrono un rum che beviamo in tre alla goccia: siamo soli, loro preparano un cenoncino da chiudere l’anno assieme agli amici nel bar chiuso, io torno in cabina, dopo aver chiacchierato con il Tabelo sulla passata carriera di Vasco Rossi.

Alle 20, dopo il cambio, mi concedo due minuti di tv: mi intristisco: han già cominciato a fare i telegiornali tipo: nel 2006 è successo questo e quell’altro; notizia dell’anno sono i mondiali di calcio… poi parlerà il presidente della repubblica: non ne ho mai sentito uno, non comincerò certo questa sera… tanto domani lo commenteranno tutti.

Scendo all’ingresso, entrano padre e figlio, chiacchieriamo del più e del meno, fuori è freschetto, qualche sconvolto ha cominciato a far esplodere i petardi bimbumbam, uno lo tirano sotto una macchina, parte l’allarme.

Entrano altri due clienti, io strappo i biglietti, saluto la Bionda, salgo… sta finendo il film.

Alle 21 la sala è pienotta, un sacco di gente decide di aspettare le undici e il concertino in piazza con il sindaco e la giunta al cinema.

Intanto leggo Cavie, di Palahniuk: un personaggio racconta di essersi fatto aspirare l’intestino dallo scarico della piscina, un altro narra le sue vicende di barbone miliardario che assiste a un rapimento assassino: lettura adeguata, me la godo.

Le 22 e 30 arrivano in un amen, anche se nel frattempo mi si è incasinato un po’ il mascherino e ho dovuto dargli una soffiata volante per togliere qualche pelucco, mando un sms di auguri alla mia rubrica, salto qualche nome per opportunità, quelli che non ho in rubrica li saluto dopo… o domani.

Finisce il film, spengo tutto, alle undici sono in strada: di solito la notte è buia, silenziosa, stellata e solo mia.

Per questo mi piace frequentarla da assiduo.

Questa notte, invece, fa casino: dalla piazza arrivano le note di un pezzo dei Beatles, i soliti sconvoltoni fanno esplodere i petardi qua e là, ogni tanto un ubriaco tracima da un ristorante vicino al cinema.

Scavalco la città rapidamente, me ne torno a casa in tempo per accendere il fuoco nel camino, mettere su un disco di Morricone con le musiche di Il mio nome è nessuno e Vamos a matar companeros e “Scion Scion” di Giù la testa.

Mi preparo un white russian, saluto il gatto, brucio il calendario passato, brindo all’anno nuovo, che sono sicuro ci vorrà bene come quello passato e adesso scrivo queste righe, che con un abile trucco ben architettato, trasformano la fine della giornata in quella di questo raccontino.

Buona notte e buon anno.

1 Commento

  1. Riccardo

    E’ quasi meglio leggere il tuo ultimo dell’anno che vivere il proprio. Me ne scrivi uno ogni anno così mi tolgo la fatica di uscire di casa o invitare amici?

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *