Cosa successe alla Arctic Sea?

La Arctic Sea, cargo della Solchart

Questo pezzo fu pubblicato la prima volta il 17 settembre 2009 su sabatoseraonline.it. Sono passati molti anni, alcuni dei protagonisti della vicenda non ricoprono più i ruoli che ricoprivano allora. Alcuni documenti (come il comunicato che riporto quasi integralmente nel testo) in rete non si trova più (o è molto ben nascosto). Cercando qui e là si trovano teorie del complotto, siti che rimestano nei misteri più misteriosi, altri che espongono teorie fantasiose. Quando uscì le cose stavano succedendo, ora è il classico pezzo “da archivio”. Ma ha il fascino di mostrare come le vicende di una piccola imbarcazione da legname possano intrecciarsi strette con quelle della diplomazia di mezzo mondo.

 

Dati della Solchart sul sito maritimejobs.org

La pagina sulla Solchart nel sito maritimejobs.org

Il mistero che ruota attorno al destino della nave con bandiera maltese Arctic Sea, assaltata per due volte da strani pirati nelle acque svedesi prima e portoghesi poi, e successivamente scomparsa per giorni prima di attraccare nell’arcipelago di Capo Verde, si arricchisce di nuove domande e nuove ombre. Gli interessi, che improvvisamente si sono concentrati sul destino della nave, sono parecchi e vengono da più parti. I russi difendono il loro onore negando a più non posso qualsiasi voce che li vuole fornitori di armi agli iraniani glissando sul fatto di aver mandato quattro navi da guerra alla ricerca della nave scomparsa. Gli israeliani negano di aver mandato il Mossad ad assaltare la nave per ben due volte giusto per controllare che fra il carico ufficiale di legna finlandese destinata all’Algeria non ci fossero missili e altri scherzetti diretti a Teheran, o in Siria, o in Libano. Nessuno però, fino ad un paio di giorni fa, si era preoccupato di sentire la voce della Solchart, la compagnia armatrice della Arctic Sea, che ora si fa sentire attraverso il proprio direttore Victor Matveyev, in un comunicato pubblicato sulla rete il 14 settembre 2009. Il punto di massimo interesse per la Solchart è, prima di tutto, quello di rientrare in possesso della nave. La Compagnia finlandese, diretta da tre manager russi, grazie a tutto questo marasma è andata in bancarotta e il ritorno dell’Arctic Sea ai mari e ai trasporti le permetterebbe quantomeno di sistemare le questioni più urgenti con i creditori.

La Arctic Sea, cargo della Solchart

Dal ritrovamento della nave, avvenuto il 17 agosto 2009 dopo quasi venti giorni dalla scomparsa nelle acque dell’Atlantico, per la Solchart è cominciata una specie di odissea burocratica. “Il 1 settembre – si legge nel comunicato ufficiale – è intercorsa una telefonata fra la direzione della compagnia marittima e i membri del comitato investigativo russo per permettere ad alcuni rappresentanti della Solchart di essere presenti sulla nave durante le ispezioni”. Il problema era legato al fatto che anche i responsabili russi delle investigazioni avevano difficoltà a raggiungere Las Palmas, dove la nave era ancorata dopo essere riapparsa in seguito al rapimento portoghese. La compagnia, anche per accelerare i tempi delle operazioni e recuperare il ritardo sulla consegna, si era resa disponibile a favorire il contatto fra l’Arctic Sea e gli ispettori. “Raggiunto un accordo – dice il comunicato -, la compagnia contatta quindi l’Amministrazione Marittima Maltese, coinvolta perchè la nave è registrata presso i loro porti, per avere l’assicurazione che in tempi brevi la delegazione composta dagli ispettori e dai loro agenti sarebbe riuscita a salire sull’imbarcazione”. In poco tempo le cose si sbloccano. Il 4 settembre 2009 è pronto un aereo che porta i responsabili di Solchart a Mosca. Il giorno seguente avviene l’incontro con gli agenti preposti all’investigazione. Il giorno stesso la piccola delegazione parte per le Canarie ed atterra a Las Palmas con un preciso calendario delle attività investigative.

Il 6 settembre accade però un fatto inspiegabile. “L’uomo della Compagnia – prosegue il comunicato della Solchar -, incontra il responsabile del comitato investigativo che gli impedisce, di fatto, di salire sulla nave adducendo una scusa tanto laconica quanto insensata: ‘non sappiamo chi lei sia’ dicono gli investigatori cessando poi qualsiasi contatto con lui. Il motivo è che il comitato non ha bisogno di alcun aiuto. Una volta raggiunta, la nave entra in una specie di quarantena. Contemporaneamente le autorità russe affermano che la nave è sotto la loro giurisdizione”. A dispetto di ciò la compagnia deve comunque pagare le tasse di ancoraggio al porto di Las Palmas.

La situazione si complica così in modo surreale. Solo gli investigatori russi hanno il permesso di salire sulla nave mentre alla Compagnia spettano tutte le spese derivanti dalla presenza della Arctic Sea in acque “ferme”. Sono loro a pagare i battelli che portano le varie delegazioni sul posto, sono loro a doversi accollare i costi dei ritardi, sono loro che hanno una barca immobilizzata con un carico di legna da consegnare. E qui si torna alla cronaca conosciuta. “Dopo che la delegazione russa ha fatto il suo giro di ispezione – continua il comunicato della Solchart -, il ministro degli affari esteri Sergei Lavarov afferma che sulla nave c’è solo il legname finlandese da consegnare”. Molti, invece, sono convinti che attorno ai due assalti che la barca ha subito ci sia lo zampino del Mossad, che voleva impedire ai russi di far arrivare dei missili S-300 a paesi nemici. Qualcuno parla dell’Iran e di un accordo fra ex-ufficiali russi legati al mercato nero e alla mafia, pronti a portare nel paese di Ahmadinejad un carico d’armi nascosto sotto al legname finlandese. Da qui, avvertita dal Mossad, Mosca avrebbe agito in tutta fretta per bloccare la nave con il suo carico. Una seconda ipotesi sarebbe più vicina alle corde dei servizi segreti israeliani. Il Mossad avrebbe agito in solitaria e avrebbe armato un gruppo di criminali internazionali per compiere un primo abbordaggio. Avrebbe poi, compiuta l’azione, forzato la mano di Mosca che avrebbe così tentato in tutti i modi di intercettare la nave per eliminare prove scottanti. Ecco spiegati i due assalti: il primo vicino alle coste svedesi e il secondo nelle acque del Portogallo. L’ultimo atto conosciuto è la visita, fatta di gran carriera, del presidente israeliano Nethanyau in Russia. Forse per riallacciare i rapporti con Medvedev, che in questi giorni è stato più volte chiamato in causa col suo paese come fornitore ufficiale di armi agli iraniani e, forse, per portare con sé carte che dimostrano come anche altre nazioni foraggino le attività militari dei dirimpettai di Israele.

In tutto questo, però, a rischiare di rimetterci le penne, economicamente e letteralmente, ci sono la Solchart, i marinai coinvolti nel sequestro e gli impiegati della compagnia e le loro famiglie lasciati, come si afferma nel comunicato, “nel più completo isolamento da qualsiasi informazione, dopo aver fatto ed essere disposti a fare qualsiasi cosa sia richiesta in questa situazione al padrone di una nave”.

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