Benvenuti in Transnistria

Simbolo del Consiglio Supremo di Transnistria

(Pubblicato la prima volta su sabatoseraonline.it il 24 febbraio 2009)

Dove si trova la TransnistriaStretto fra Moldavia e Ucraina esiste l’ultimo staterello dichiaratamente sovietico salvatosi dal crollo dell’URSS negli anni ’90: la Transnistria.

I nostri lettori appassionati di geografia a questo punto correranno a guardare le loro mappe e con uno sguardo compiaciuto diranno: questi sono impazziti, fra Ucraina e Moldavia non c’è niente, la Transnistria non esiste! Noi, per fugare ogni dubbio racconteremo ogni settimana un fatterello di questa coraggiosa nazione e intanto cominciamo dare i numeri. La Repubblica moldava di Pridnestrovie (che in russo significa “presso il fiume Nistro”) altrimenti conosciuta come Transnistria, conta all’incirca seicentomila abitanti che vivono in una zona di 4,163 chilometri quadrati (un po’ più piccola del Molise, tanto per fare paragoni).

La pace e la tolleranza fra le culture, come tengono a sottolineare nell’incipit del loro inno nazionale, dal titolo “” (My Slavim Tjebja Prdinestrov’je Ti glorifichiamo, Pridnestrovie), sono all’ordine del giorno. 35 nazionalità diverse convivono senza grossi traumi visto che la religione, pur non essendo di stato, è quasi tutta cristiana. Il predominio è degli ortodossi, ma non potrebbe essere altrimenti, con uno scarso 2% di ebrei. Di musulmani, in Transnsistria, praticamente non ce n’è; non è chiaro se per motivi geografici, di clima o perché gli hanno fatto sapere che non sono graditi e loro non sono andati.

La Transnsistria ha una storia breve ma piuttosto intensa. Sopravvissuta al crollo dell’Unione Sovietica e alla successiva esplosione in tanti stati indipendenti e lontani dalla Madre Russia, la Repubblica di Pridnestrovie è nata nel 1992 dopo una guerra d’indipendenza combattuta contro la Moldavia, che tutt’ora con il resto del mondo ha serie difficoltà a riconoscerne l’indipendenza e la legalità. In questa guerra, che l’esercito Transnistriano ha combattuto con il sostegno della quattordicesima divisione dell’Armata Rossa, sono morte 1500 persone e 100.000 profughi hanno cercato rifugio altrove. Se non fosse per questo i toni sarebbero da commedia e ricorderebbero, seppur da lontano, il film con Peter Sellers Il ruggito del topo. A capo del governo stanno, stabilmente, i componenti della famiglia russa degli Smirnov, nostalgici del vecchio regime e dei suoi parafernalia di cui amano circondarsi. Stelle purpuree, statue trionfali, omerali in cui spiccano la falce e il martello circondati da un trionfo di spighe di grano trattenute da una fascia rossa su cui sono scritte le lettere cirilliche PMR (le iniziali della nazione). Ancora bandiere in cui al rosso si aggiunge il verde speranza e un atteggiamento piuttosto libertario con il traffico illegale di armi sono i caratteri predominanti di questa nazione che ha per capitale Tiraspol. Igor Smirnov, in qualità di presidente unico e supremo, ha pure il diritto di gestire l’unica industria del paese, con il permesso di esportare merci e distribuire i carburanti oltre a controllare, e qui sta uno dei nodi cruciali della questione, il passaggio di una buona parte dei gasdotti che dalla Russia, e attraverso l’Ucraina, vanno in Moldavia e poi verso ovest. Essendosi proclamata repubblica la Transnistria ha un parlamento, con un unico comunista presente fra i seggi, ma di certo non è un paese democratico. In un’intervista al ministro degli esteri Valeri Letskai pubblicata sul sito dell’Osservatorio Balcani, si legge che in “tempo di crisi non vi è democrazia. Si potrebbe comparare la Transnistria a ciò che era la Corea del Sud vent’anni fa: un Presidente potente, un esercito potente e dei capi di aziende estremamente potenti.

Ma la Transnistria al tempo stesso non è una dittatura. Igor Smirnov, il nostro Presidente, non è certo Saddam Hussein!”. Così il rischio di venire invasi dagli Stati Uniti è scongiurato e si può ricominciare a sperare che la comunità internazionale avvii il procedimento che ne riconosca la legalità. Il guaio, per gli appassionati degli staterelli “fantasma”, è che gli unici che potevano avere qualche interesse nell’esistenza della transnistria erano i russi e i loro sostenitori ucraini guidati dall’ex presidente Leonid Kuchma. Dopo la rivoluzione arancione, che nel 2005 insediò a Kiev il filo-statunitense Viktor Jscenko, il governo ucraino cominciò a chiedere ai russi e al loro esercito di andarsene dalla Transnistria, mettendo in seria discussione la difesa dei confini dello stato del padre-padrone Smirnov. Al di là di tutto, però, a Tiraspol continuano a fare le loro cose senza grossi patemi. Nel 2005, alle elezioni, il partito del presidente, che rimane comunque al potere essendo la Transnistria una democrazia a scarto dittatoriale, ha preso una sonora suonata dal partito del Rinnovamento che, con i suoi 6 alleati, ha guadagnato 29 seggi contro i 13 di Respublica e 1 dell’Indipendente (il famoso Comunista Solitario). A livello internazionale la situazione non la prendono di certo sotto gamba perché della commedia ha soltanto i toni. L’unione Europea, attraverso, il suo Institute for Security Studies, ha pubblicato un paio di interessanti documenti sulla questione transnistriana, anche se i separatisti si illudono che l’UE in qualche modo ne abbia riconosciuto il “movimento verso un maggiore pluralismo”. Il “possibilismo” è l’ultimo degli atteggiamenti che emergono dalla lettura dei documenti. Nell’ottobre del 2005 Nicu Popescu, in una ricerca per il suddetto ISS, scrive che “il progetto dei separatisti transnistriani si basa su falsi argomenti economici” e che è necessario che il conflitto nato con la Moldavia si risolva con “la riunificazione del paese”.

Le tensioni fra Chisinau e Tiraspol non si sono mai raffreddate, la Transnistria sopravvive grazie a traffici per lo più illeciti di armi che passano attraverso i loro confini in modo incontrollato (soprattutto dagli organi internazionali) e, soprattutto, la questione dell’indipendenza del paese è diventata motivo di scontro fra i paesi confinanti. Russia, Ucraina e Moldavia utilizzano, insomma, quella lingua di terra grande poco più della Val d’Aosta e popolata più o meno come Genova, come “moneta di scambio” per i loro rapporti internazionali. L’Unione Europea ha voce in capitolo solo come “paese confinante”. Per ora nessuno dei tre stati coinvolti nella querelle transnistriana sembrano interessati ad entrare nell’Unione ma un inasprirsi del conflitto fra i tre stati ex-sovietici potrebbe dare qualche grattacapo a Bruxelles. E fra i vari litiganti Smirnov continua a guidare, senza troppi pensieri, questo staterello che ufficialmente non esiste.

Continuate a seguire le inesauribili avventure transnistriane. Ne vedremo delle belle.

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