Il mistero di Tunguska

I misteri di Tunguska

(Precedentemente pubblicato su sabatoseraonline.it il 3 luglio 2007)

 

I misteri di TunguskaPotrebbe essere arrivato ad un punto di svolta, uno dei più grandi e profondi misteri del passato. Uno di quei “casi” attorno a cui si è creata la classica ridda di voci disparate e una curiosità che ha ben pochi precedenti… un po’ come per il Triangolo delle Bermude o la scomparsa di Atlantide.

Il 30 giugno del 1908, alle sette del mattino, il cielo sopra Tunguska, una zona boscosa della Siberia che prende il nome dal fiume che attraversa la regione, si illuminò improvvisamente ed una gigantesca esplosione abbattè più di 2000 chilometri quadrati di foresta. Una forza d’urto pari a mille bombe atomiche che sprigionò una luce tale da risultare visibile persino a Londra.

I pochi testimoni sopravvissuti all’evento devastante parlarono di un gigantesco fungo di fumo che si sollevava in aria e di una luce talmente accecante da sembrare più potente di quella sole. Molti di loro, purtroppo, morirono dopo qualche giorno a causa di qualcosa che fu diagnosticata come una “strana malattia”.

Per anni il mondo scientifico ha tentato di dare una spiegazione all’evento e le leggende attorno alla questione crebbero come funghi in un sottobosco umido: buchi neri? extraterrestri? un castigo divino pari al diluvio universale? un esperimento di Nikolas Tesla sfuggito di mano? una zona di antimateria improvvisamente formatasi nel cielo della Siberia?

Fu Leonid Kulik, scienziato russo nel 1927, il primo ad ipotizzare che fosse stato un meteorite la causa di quell’impressionante disastro e a creare un gruppo per visitare di persona la zona: “È impossibile rendere a parole ciò che si scorge da qui. Un’intera regione collinosa e montagnosa si estende per chilometri verso nord. Dalla nostra postazione non si scorge traccia di foresta, perché tutto è stato devastato e arso, anche se i giovani, nuovi alberi, rinati lungo il confine della zona morta, stanno ricrescendo, assetati di luce e di vita. È una sensazione davvero poco gradevole vedere alberi giganteschi e robusti spezzati come fuscelli, le cime troncate, proiettate a decine di metri di distanza.”

Il problema però è che di questo meteorite non vi era rimasta traccia alcuna. L’esplosione l’aveva completamente disintegrato, spargendone i pezzi lungo tutto il raggio dell’esplosione. Così dopo vari tentativi, da parte di altre comunità scientifiche, di arrivare a capo del mistero, ecco che arrivano i nostri.

Nella fattispecie, un gruppo di ricercatori del CNR di Bologna, coordinati dal professor Giuseppe Longo che era già stato sul posto per una prima ricognizione nel ‘91, nel 1999 sistemarono il campo base “Tunguska99” accanto al Lago Cheko, un piccolo lago vicino all’epicentro dell’evento, che alcune teorie vorrebbero si sia formato proprio grazie ad un frammento del corpo celeste sparato ad alta velocità verso il terreno paludoso della taiga siberiana.

L’intenzione era quella di “verificare sul posto, con prelievi di campioni dal lago e dalle zone limitrofe alcune delle ipotesi sull’impatto del corpo celeste in quella zona emerse durante lo studio dei sedimenti del lago e dei dintorni, e sulle prime fasi di formazione del Lago Cheko”, come ci ha detto la professoressa Francesca Alvisi, che purtroppo all’ultimo momento non potè partecipare alla spedizione.

Uno dei membri presenti alla missione che ha studiato la struttura e i sedimenti del lago, che ha fotografato dall’alto il sito dell’esplosione, raccolto campioni di roccia e legno e compiuto altri esperimenti scientifici sull’aria della zona, fu il professor Luca Gasperini, a cui abbiamo rivolto qualche domanda.

Come avete intuito che potesse essere proprio il lago Cheko uno dei punti di impatto della meteora? E’ una scelta, quella del lago, che nasce da studi precedenti fatti anche da altri?

Il lago era stato scelto come oggetto della ricerca per altri motivi: si pensava di trovare sul fondo, nei sedimenti, tracce della polvere del corpo cosmico caduta dopo l’esplosione. I laghi sono ottimi ambienti da questo punto di vista perche mantengono successioni indisturbate di sedimenti che registrano il mutare delle condizioni ambientali. Sono usati molto, ad esempio, da chi studia i cambiamenti climatici. All’inizio quindi non pensavamo che il lago potesse essere collegato all’esplosione. Gli studi precedenti, fatti però con strumenti molto più rudimentali, parliamo degli anni ’60, suggerivano una origine del lago molto più antica.

Leggendo gli appunti di altre spedizioni, si parla di un’atmosfera inquietante: avete provato le stesse sensazioni? Cosa si prova ad affrontare un luogo così pieno di mistero?

Si, l’atmosfera è un po’ inquietante perché anche a distanza di 100 anni gli effetti della catastrofe sono ancora visibili.

Si può dire che abbiate risolto il caso di Tunguska? E’ stata davvero una meteora?

Noi riteniamo che la risposta del mistero sia nel lago. I modelli teorici non sono sufficienti a chiarire i dubbi, bisogna raccogliere nuovi dati. Oltretutto è bene tenere a mente che la regione è molto remota e che viaggiare da quelle parti era impossibile per scienziati occidentali fino a poco tempo fa.

Le vostre ricerche si muovono dal presupposto che sia stata una cometa o avete preso in considerazione anche altre idee?

Noi non sappiamo ancora se sia stata una cometa o un asteroide, ma se il lago è un cratere da impatto come suggerito dai nostri dati, lì sta la risposta.

Si parla di una violentissima esplosione in cielo: a cosa può essere dovuta? L’impatto con l’atmosfera può essere sufficiente a giustificare una simile reazione?

Si. E’ stato proprio l’impatto con l’atmosfera a causare l’esplosione. Noi non ce ne accorgiamo, ma l’atmosfera terrestre è molto densa rispetto allo spazio circostante e l’alta velocità degli oggetti che entrano nell’atmosfera provoca attrito e calore. Per fortuna, perché così solo una piccola parte di questi numerosissimi frammenti cosmici raggiunge la superficie terrestre.

Cosa avete fatto emergere di rivoluzionario, rispetto alle ricerche del passato?

Abbiamo trovato un cratere da impatto che è esattamente la cosa che è stata cercata fin dalle primissime spedizioni negli anni ’30. Se la nostra idea sarà confermata da ulterioni indagini (intendiamo perforare il fondo del lago in una prossima spedizione) dovrà essere rivista completamente la dinamica dell’evento e forse avremo la conferma del fatto che si sia trattato di un asteroide o di una cometa.

Ha parlato di una prossima spedizione… quando pensate di tornare sul posto?

I nostri tempi non sono compatibili con quelli degli iter burocratici del sistema ricerca in Italia. Sistema che peraltro è in grave crisi da tempo. Tunguska è un soggetto che fortunatamente si presta a sponsorizzazioni private. Se troviamo uno sponsor organizziamo per l’anno prossimo.

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